La produzione di elettricità da carbone di ENEL passa da 32,4 TWh nel 2011 a 36 TWh nel 2012. Si ha quindi un notevole aumento della quota di energia proveniente da questa fonte, nonostante la produzione totale in Italia cali da 79 TWh a 74,5 TWh.
In altre parole, se nel 2011 ENEL produceva col carbone il 41% della sua elettricità in Italia (e l’anno prima ne produceva il 34%), oggi l’azienda è arrivata a generare, con la fonte più inquinante e dannosa per il clima e la salute, il 48,4%. Un incremento relativo, in due anni, di quasi il 50 per cento.
«ENEL prosegue su una strada sciagurata – ha dichiarato Andrea Boraschi, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace – Non sono servite le nostre denunce, che dimostrano come – in riferimento ai dati del 2009 – l’inquinamento del carbone di ENEL fosse causa di una morte prematura al giorno in Italia. Da allora ad oggi la produzione con questa fonte è cresciuta di quasi il 50 per cento e oggi l’impatto sanitario ed economico di un’azienda che va per metà a carbone è semplicemente insostenibile per il Paese. Questo piano industriale è una “fumata nera” per il futuro dell’Italia».
Proprio in questi giorni è in discussione la richiesta dell’ENEL di aumentare i limiti di inquinamento e la produzione nell’impianto di Civitavecchia; contemporaneamente l’azienda vuole realizzare due nuovi impianti a carbone, a Porto Tolle e a Rossano Calabro.
Fulvio Conti, amministratore delegato di ENEL, mira a ottenere un quarto mandato. Dopo aver tentato di fregarci col nucleare, Conti sta facendo del carbone un primato assoluto e nefasto per la sua azienda, nella quale la produzione e gli investimenti sulle nuove rinnovabili rimangono marginali. Greenpeace chiede che venga quanto prima rimosso il management ENEL e che l’azienda cambi radicalmente rotta.
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